Giorgio Carnevale e Ivana Siena dialogano sul romanzo Mio Padre

mio padrefotoGioia solare e serena, scoprendo casualmente di essere stata adottata decide di cercare i genitori biologici in Sud America.
Troverà il padre in manicomio e il tentativo di aiutarlo la porterà a scoprire se stessa e l'amore.

È Gioia la protagonista di Mio Padre, il nuovo romanzo di Giorgio Carnevale, "un libro scorrevole e pieno di vissuti", come lo ha definito Ivana Siena (Psicologa e Psicoterapeuta) che ha presentato il romanzo insieme con l'autore presso la Libreria Feltrinelli di Pescara.
Pubblichiamo di seguito il dialogo su Mio Padre.  

carnevale sienaNel libro si parla di legami, legami di sangue, affettivi e di famiglia, si parla di adolescenza, di fasi della vita, si parla di resilienza che è la capacità che ognuno di noi ha, in maggiore o in minore misura, di superare alcune fasi difficili della vita.
La protagonista del libro è Gioia, figlia unica di una famiglia italiana come tante, la cosa che colpisce è l'epiteto affibbiato a Gioia, la calma gioia, a questo punto chiediamo a Giorgio Carnevale, perché proprio calma e chi è Gioia?
Nel momento in cui la protagonista scrive, Gioia ha circa trent'anni, e racconta la storia della sua vita, il dramma della sua vita. Racconta che a scuola era soprannominata la calma gioia perché era la ragazza che tutti i genitori vorrebbero avere. Era studiosa, precisa, simpatica, divertente, aveva tutte le qualità che un genitore vorrebbe trovare nel proprio figlio. Però in tutto il racconto c'è questo contrasto tra Gioia prima della scoperta di essere figlia adottiva e Gioia dopo la rivelazione. Prima era "la calma Gioia" e poi diventa una persona molto tormentata.

Infatti... come viene a sapere di essere stata adottata... A 15 anni le regalano un motorino, col quale purtroppo ha un incidente, a causa di questo deve subire un trapianto di rene ed in questo momento scopre che i genitori non sono i suoi genitori naturali e di conseguenza entra una nuova figura, che è il donatore, Flavio, uno dei primi personaggi maschili di questo romanzo, una figura che in realtà non c'è, ma alla quale Gioia si lega e sarà la prima persona per la quale proverà dei sentimenti simili all'amore.
Flavio è uno dei primi personaggi maschili, inoltre di personaggi maschili ce ne sono molti, sono sicuramente in numero maggiore rispetto a quelli  femminili, questo è sicuramente legato al messaggio che vuoi far passare attraverso questo romanzo...
Le figure maschili nel romanzo sono molto presenti, anche se la protagonista è una donna, perché la mia convinzione è che quello che manca nei ragazzi e che col tempo si è perso è una figura maschile di riferimento. Le figure maschili sono importanti, infatti il titolo è Mio Padre, cio che viene fuori dal romanzo è che perché esista una identità solida servono entrambe le figure, un uomo e una donna, siccome Gioia deve trovare al sua identità, per trovarla deve trovare il padre, che ha scoperto, a seguito dell'incidente, che non è il padre adottivo.

Mi chiedevo se questa attenzione che hai per questo tema è possibile riscontrarla anche in altre situazioni, se può succedere anche in ragazzi che vivono nella famiglia biologica.
Il problema è che quello che noi osserviamo è una parternità, una figura maschile molto inconsistente in quest'epoca. Nei testi di Recalcati viene definito un problema epocale, purtroppo quello che osserviamo soprattutto negli adolescenti è che la figura maschile è inconsistente anche quando c'è, nel tempo la figura paterna ha perso il valore che aveva prima.

Nel romanzo un'altra parte molto significativa è una sorta di binomio tra l'amore e la morte e si riscontra in due parti. Nella prima parte, nel trapianto del donatore, perchè Gioia dalla morte di questo ragazzo ha trovato una nuova occasione di vita. Tant'è che interpreterà questo rapporto virtuale con questa persona che non c'è più, come la sua forma di amore, quello che lei ritiene essere amore. Mentre c'è un'altra parte più o meno simile, legata al suo padre biologico, cioè nel momento in cui riesce a trovare il suo padre biologico e scopre che la madre è morta durante il parto mentre il padre si è ammalato, ha avuto una crisi psicotica che l'ha costretto ad essere ricoverato e a subire delle sedute di elettroschock.
Anche nel rapporto che ci sarà poi tra Gioia e il padre, nel farlo risvegliare dallo stato catatonico in cui si trova, anche lì c'è un collegamento tra l'amore e la morte perché è grazie alla vitalità di Gioia che il padre può tornare, anche se in minima parte, a vivere.
Ho un po' faticato a cercare di immaginare una persona che salva la propria vita attraverso una donazione, una persona che riacquista la vita da un gesto d'amore. Flavio, il donatore, è morto, quindi ho cercato con fatica di immaginare il sentimento di una persona che vive questo contrasto dentro di sé cioè tra la vita che gli è stata data e la morte che è costata per la sua vita. Sicuramente i tormenti di Gioia derivano anche da questo, anche la figura del padre che Gioia va a recuperare è molto conflittuale, perchè è stato per trent'anni in una clinica psichiatrica, abbandonato a elettroschock, barbiturici, ha vissuto in una condizione né di vita né di morte, quindi i tentativi che Gioia fa per recuperare la vitalita del padre, sono per recuperare la propria vitalità.

Tutto il suo tormento viene fuori per un avvenimento che accade durante gli ultimi 15 anni, nelle sue relazioni con gli uomini.
Ci sono cose che a livello inconscio crescono, prendono forma e un fatto anche banale può far uscire tutto il disagio. Ad un certo punto mentre è negli Stati Uniti lei teme di essere rimasta incinta ma si rende conto che non potrebbe diventare madre, perché deve trovare prima la sua identità, da lì in poi cambia tutto perché lei parte in questa missione.

Si può chiamare philofobia cioè paura di amare quello che sta vivendo la protagonista?
Sicuramente sì. Ha paura di entrare anche minimanete in contatto con le proprie emozioni. A causa di questo episodio sente con urgenza di dover recuperare qualcosa.

Credo sia il percorso la cosa più importante cioè quello che lei vive durante le sue visite dal padre e poi quando rimane sola in hotel e parla con se stessa davanti allo specchio.
Ci sono delle descrizioni di alcuni suoi vissuti e alcuni sogni e anche i dialoghi davanti allo specchio, dove è possibile trovare traccia del tuo lavoro di psicanalista, è come se lei stesse lavorando su se stessa
Nei dialoghi con se stessa davanti allo specchio vengono fuori tutte le sue paure, e la sua solitudine. Nei sogni sì ovviamente l'influenza c'è, perché in questo lavoro i sogni hanno un valore aggiunto rivelatore di tante cose.

Ad un certo punto entra in gioco una figura importantissima il dottor Rodriques, un medico che lavora da tantissimo tempo in questa clinica psichiatrica. Che personaggio è?
È un personaggio apparentemente marginale, ad un certo punto compare questo medico che si mette a disposizione della ragazza e l'aiuta. Ha vissuto quasi tutta la sua vita dentro quel posto, è un uomo anziano che non ha più affetti, la moglie infatti è morta e lui è solo, ma sa cos'è l'amore e riesce con molta semplicità a trasmetterlo a Gioia che invece non ha questo contatto interno con quello che può essere l'amore. Da quando compare nel romanzo egli ci sarà sempre, è una figura un po' mistica, un saggio...

C'è un altra figura che è Ettore. Quando Gioia dice di trovare l'amore con il rapporto con Flavio, definisce l'amore un dono, l'amore non può che essere un dono e Ettore è un'amicizia di Daniela la sua migliore amica, che dall'italia l'aiuta nelle faccende burocratiche, allora si può dire che Ettore è stato un dono di amicizia?
Certamente, perché all'inizio lui è soltanto un medico e poi piano piano l'amicizia si trasforma in qualcosa di più importante

Come è nato questo romanzo?
È nato un po' per caso. Mi avevano chiesto dei racconti brevi adatti a trasposizioni teatrali i cui protagonisti sarebbero stati dei giovani, così io avevo scritto di ragazzi e ragazze trentenni che nella rielaborazione del proprio passato parlano del loro rapporto con il padre. Questa storia mi ha preso la mano ed è diventata un vero e proprio romanzo.

Quanto c'è di autobiografico?
Nei romanzi c'è sempre qualcosa di autobiografico anche se non è esattamente la propria storia, a volte si raccontano storie di altre persone rielaborandole e si proietta sui personaggi la propria esperienza il proprio vissuto.

Qualcosa di personale c'è ed è nella copertina
Sì in realtà il libro si intitola Mio Padre ma non racconto di mio padre, però il disegno di copertina rappresenta mio padre morto anni fa

C'è un capitolo intitolato "Oggiori". Qual è il significato?
Lì c'è davvero qualcosa di autobiografico, infatti "oggiori" è l'anagramma del mio nome.
È l'ultimo capitolo del libro in cui Gioia comincia a riflettere e a voler dare un nome a tutto il suo vissuto e lo descrive in ogni suo aspetto facendo riflessioni sul tempo trascorso, sulla vita, sulla morte, cerca di fare una sintesi del suo vissuto e difinisce tutto con questo nome.

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